venerdì 26 ottobre 2012

Le Belve, ovvero Il Triangolo Sì.


Nessuna scusa, il triangolo c'è ed è il perno della storia, un'avvincente e ben orchestrata storia, oserei dire.
Sto parlando di Le Belve, la pellicola di Oliver Stone, tratta dal romanzo di Don Winslow (edito da Einaudi), uscita proprio ieri e che racconta l'impresa eroica (o forse sarebbe meglio dire da disgraziati? Ma si sa, l'eroe non è che sia dotato di molto raziocinio, è piuttosto una creatura trasportata dalle emozioni) di due giovani produttori di marijuana californiani contro il cartello messicano. Ma andiamo con ordine.

(ATTENZIONE: per quanto abbia cercato di evitarlo, potrebbero esserci dei potenziali SPOILER per cui, se non volete sapere niente di niente, non proseguite nella lettura! Utente avvisato, mezzo salvato.)

Ben (Aaron Johnson. Sbav. Okay, mi ricompongo) e Chon (Taylor Kitsch) vivono a Laguna Beach, sono migliori amici e non potrebbero essere più diversi di così: Ben è pacifista, buddista, con due lauree e impegnato in prima persona a livello umanitario, mentre Chon è un ex soldato delle forze speciali che ha combattuto in Afghanistan e Iraq e vive con la guerra nel corpo e nella mente. Le uniche cose che i due amici hanno in comune sono l'azienda che hanno tirato su, che produce la migliore marijuana che si possa trovare in giro - con addirittura il 33% di principio attivo - e Ophelia (Blake Lively).
O, così si fa chiamare, è il terzo vertice dell'armonico triangolo in cui i due si trovano, seguendo la regola del vivi e lascia vivere e fluttuando in un perenne paradiso artificiale che si scontra con la dura realtà nel momento in cui il cartello della Baja si interessa ai loro affari e vuole entrare a tutti i costi a farne parte. I due nicchiano, poi rifiutano, strappano un altro giorno per decidere in via definitiva - in realtà per sistemare tutti i conti e fuggire da qualche parte del mondo, magari in Indonesia - e nel frattempo succede l'evento scatenante: donna Elena (Salma Hayek) e il suo scagnozzo Lado (Benicio del Toro, ormai abbonato alle parti da pezzo di merda, anche un po' laido) intuiscono l'importanza del legame che i due hanno con la bella O, e dunque la rapiscono, usandola come arma di ricatto per farli collaborare negli affari.
Non sanno quanto sia potente il legame tra i tre: Ben e Chon sono disposti a tutto per riavere Ophelia e poco importa loro di stare mettendosi contro dei narcos messicani, notoriamente spietati e privi di scrupoli. In questa loro battaglia sono aiutati da Dennis, agente corrotto della DEA, interpretato da John Travolta, e da qui ha inizio tutta una serie di manovre ad altissimo rischio che portano a un finale al fulmicotone.

Durante il film si ritorna più volte su quelli che sono i motivi portanti della storia, a partire innanzitutto dal titolo, in originale Savages: i selvaggi, come la stessa O ci racconta, sono contraddistinti da ferocia e brutalità, da un ritorno allo stadio primordiale. Questo succede quando si vanno a toccare corde profondamente radicate nell'essere umano, come la fedeltà e il profitto nel caso dei narcos o l'amore per Ben e Chon. I due ragazzi potrebbero quasi essere definiti degli eroi romantici, in quanto disposti a tutto per recuperare Ophelia, ma in particolare il pacato Ben subisce un arco di trasformazione sostanziale: da pacifista convinto e spaventato dall'escalation di violenza della faida, in cui invece Chon sembra sguazzare senza troppi rimorsi, diventerà sempre più battagliero e cinico, senza però dimenticare la sua sostanza primigenia. È riluttante ma, per amore di O, tirerà fuori il suo lato più bestiale, quello che non sapeva di avere; si potrebbe definire il personaggio emblematico di tutta la storia, quello che meno di tutti è avvezzo alla crudeltà e che ha vissuto il suo commercio illegale in maniera sempre molto umana (destinando gran parte dei suoi guadagni a missioni umanitarie di cui si occupa in prima persona, girando il mondo ed entrando in contatto con le popolazioni più umili), trovandosi poi, però, di colpo davanti alla cruda realtà.
L'altro motivo portante è che ognuno ha una debolezza: così come Elena e Lado scoprono quella dei due californiani, anche loro scopriranno, in maniera del tutto inaspettata, la debolezza della potente Madrina della Baja, portando all'apice lo scontro tra le due parti, assolutamente impari, per quanto anche Ben e Chon dispongano di uno staff niente male, tra cui spicca Spin, un Emile Hirsch un po' in cavalleria ma comunque efficace nel suo ruolo di esperto di economia in braghette da ciclista.
La fotografia è semplicemente sublime, passa da un colore all'altro, da una risoluzione all'altra, a seconda di quel che succede o viene raccontato e ci sono delle panoramiche di paesaggi e tramonti da mozzare il fiato. Il montaggio rende giustizia anche ai piccoli particolari, come le madonne messicane o i famosi teschi del Dìa de los Muertos, le Calaveras. Tutto racconta, non ci si affida solo ai fatti e nemmeno alla voce di O, che comincia subito dicendo che non è detto che sia sopravvissuta, che magari è una registrazione, eccetera. L'espediente non mi torna molto, però ehi, il patto mimetico gente, il patto mimetico! I film si guardano per goderne, non per stare attenti a qualsiasi mignagnola non torni!
E insomma, in soldoni, a vedere questo film m'è venuta tanta voglia di girare il mondo come Ben e godermi un bel traimonto indonesiano xD

3 commenti:

Geeno ha detto...

Non conoscevo il film e neanche ne ho sentito parlare, ma mi hai fatto venire voglia di andarlo a vedere! Se ci vado poi ti farò sapere :3

CleaStrange ha detto...

Bravo discepolo <3

lightingcloud ha detto...

il film mi interessava, quindi l'articolo non lo leggo per evitare gli spoiler. recupero appena lo vedo, o se riesco a perdermelo dalle sale :P